Volodymyr Chystylin denuncia: “Non è vero che qui la maggioranza è filorussa. Il problema è generazionale, noi giovani ci sentiamo ucraini a tutti gli effetti”
Passano il confine dalla Russia all’Ucraina a bordo di pullman con targa russa, cambiano rubli, girano con in mano le cartine delle diverse città dell’est del paese in cui fanno tappa -Kharkiv, Donetsk, Lugansk- dove si fermano per provocare e creare disordini, issare bandiere russe ovunque. ”Si sono sentiti anche degli spari”, nel centro di Kharkiv.
”Sono almeno mille, forse cinquemila, si aggiungono ai ‘titushki’ locali. Sono molto aggressivi, sono loro il vero pericolo ora. Ma qui, c’è uno spiraglio di ottimismo, la polizia riesce ancora a tenere sotto controllo la situazione e la gente è molto vigile, è a Lugansk che rischiano di esserci problemi” dove nei giorni scorsi “è stato assalito il palazzo di un canale televisivo non filorusso”, spiega all’Adnkronos Volodymyr Chystylin, uno degli organizzatori della ‘Maidan’ di Kharkiv, la protesta iniziata, come a Kiev, lo scorso novembre, il giorno stesso in cui Viktor Yanukovich ha annunciato la sospensione dell’accordo di associazione con l’Unione Europea.
La prima sera, sotto la grande statua del poeta ucraino Taras Shevchenko, erano solo una decina: ”Poi ho stampato migliaia di volantini, in pochi giorni siamo diventati qualche centinaia e poi migliaia, e siamo sempre rimasti in piazza. La nostra protesta non è legata a nessun partito politico, ne prima né ora. C’è ancora tantissimo da fare, dalle dimissioni del sindaco alla resistenza alle forze separatiste”. Ieri, per il bicentenario della nascita di Shevchenko, erano in piazza diecimila persone.
Non è vero che Kharkiv e’ filorussa. ”La vera spaccatura, è generazionale. Le persone di una certa età lo sono, quelli più giovani no, si sentono europee”, racconta Chystylin, che nel 1990, a 16 anni, sul suo primo passaporto, ha scelto la nazionalità russa -poteva farlo, il suo papà è russo- e ha imparato l’ucraino solo a 26 anni, ”sui libri”.
”A Kharkiv, la maggioranza della gente è bilingue. In molti hanno seguito un percorso simile al mio, e negli anni novanta hanno acquisito coscienza della loro identità nazionale ucraina. Ora ci sentiamo ucraini a tutti gli effetti”.
Cosa ha determinato questo percorso? Prima di tutto la televisione, l’inizio delle trasmissioni di alcuni canali in lingua ucraina, i telegiornali. Poi la religione. ”Per anni ho cercato un confessore e l’ho trovato nella Chiesa ortodossa ucraina, anche lui e’ russofono ma intorno a lui si e’ creato a Kharkiv un ambiente ucraino”. E infine, l’arrivo in semifinale della Dynamo Kiev nella Champions League, il giocatore di calcio Shevchenko”. ”In ultimo, volevo diventare giornalista, e per questo avevo bisogno di imparare l’ucraino”, racconta l’attivista, che si e’ laureato in storia all’universita’ di Kharkiv, dove, lo ammette, ancora prevalgono idee conservatrici e filo russe, ma ”anche attraverso la storia ci si rende conto di essere ucraini, e che l’Ucraina è Europa”.