Così si riconosce definitivamente e a tutti gli effetti la presenza radicata nella diocesi petroniana dei fedeli greco-cattolici ucraini. Sorgeranno in Strada Maggiore e via del Cestello. Per la prima volta tutti i parroci della città uniti per una celebrazione
Due nuove parrocchie pronte a nascere sotto le Due Torri, due parrocchie che riconoscono definitivamente e a tutti gli effetti la presenza radicata nella diocesi petroniana dei fedeli greco-cattolici ucraini e romeni.
Le due nuove parrocchie avranno il titolo delle chiese che da oggi diventeranno sedi parrocchiali: San Michele Arcangelo per la comunità ucraina (chiesa dei Leprosetti, in Strada Maggiore); e Santa Croce, per la comunità romena (santuario del Cestello, nell’omonima via).
Le due comunità sono cattoliche ma di rito bizantino: hanno un calendario, modalità di celebrazione della messa e anche diritto canonico diversi dal cattolico di rito latino. Il rito bizantino è simile all’ortodosso: come loro, hanno l’iconostasi (la parete divisoria decorata con icone che separa la navata) ma, per esempio, riconoscono il primato del Papa di Roma.
“La convivenza nella stessa chiesa per due riti così diversi risultava un po’ difficile- spiega monsignor Juan Andres Caniato della Pastorale degli immigrati della Diocesi di Bologna- ora anche loro avranno una chiesa dedicata in cui celebrare in maniera stabile. Peraltro, saranno due parrocchie personali, non legate a un territorio. Cosa significa? Che saranno parrocchiani di quelle chiese tutti i fedeli di quel rito presenti nella Diocesi, senza ulteriori limiti territoriali”. Grazie alla firma dell’arcivescovo Carlo Caffarra in calce ai decreti d’erezione delle nuove parrocchie, la chiesa di Bologna riconosce le due comunità come parti di sè. Così facendo, otterranno il massimo del riconoscimento ecclesiale: “Come parrocchie- continua Caniato- saranno perfettamente strutturate. Avranno un loro riscontro civile e potranno dialogare con le altre realtà pastorali, magari anche attraverso una loro presenza nei consigli pastorali, per esempio”.
Alla guida delle parrocchie, padre Mariel Muresan, attuale cappellano dei fedeli greco-cattolici romeni e don Andriy Zhyburskyy, cappellano dei fedeli ucraini. L”invito a definire queste comunità così profondamente radicate nel territorio facendole uscire dallo spontaneismo arriva direttamente dalla Santa Sede: “Il cristianesimo cattolico degli africani, quello dei bengalesi, quello degli ucraini o dei romeni ha delle differenze che la Chiesa vuole salvaguardare come patrimonio culturale da difendere, anche in vista delle seconde generazioni che stanno crescendo sul nostro territorio e che devono avere memoria. Lo dobbiamo fare, anche per arginare l’aggressività di altre dottrine, come i Pentecostali o i Testimoni di Geova, verso gli immigrati: la Chiesa ha da sempre come primo obiettivo l’evangelizzazione. Due i dati che voglio sottolineare: in primis, è la prima volta che i romeni hanno una parrocchia In Europa fuori dal loro patriarcato (fuori dalla Romania, prima di Bologna, esisteva solo una diocesi in Ohio, ndr). E poi, pensiamo a quanto le donne ucraine hanno portato nelle nostre famiglie prendendosi cura di anziani, ammalati, bambini: hanno portato la loro fede, e raccontato l”esperienza del martirio dopo anni di oppressione”.
Difficile dire quanto siano grandi le comunità greco-cattolica ucraina e romena della diocesi di Bologna, numero che ovviamente non corrisponde ai residenti ucraini e romeni, anche di altre confessioni. Sono comunità numerose, dice don Andriy Zhyburskyy,: quella ucraina, insieme con quelle africane e polacca sono in assoluto le piu’ grandi. Molto vivace è anche quella filippina, ma in quel caso si partiva da presupposti diversi. La cura pastorale migratoria non ha che un decennio: i filippini sono arrivati da molto di piu”, e non c’è mai stata una pastorale specifica per loro. Così si sono perfettamente amalgamati al rito latino.