L’Associazione Radicali Senza Fissa Dimora SABATO 4 FEBBRAIO DALLE 15:30 E’ IN PIAZZA CORDUSIO, SOTTO LA BANDIERA UCRAINA ISSATA PER L’EXPO per richiedere la liberazione della carismatica anima della Rivoluzione Arancione e, più in generale, il ritorno al rispetto dei diritti umani in un angolo d’Europa.
Alla manifestazione, dal titolo “TYMOSHENKO LIBERA, UCRAINA DEMOCRATICA!”, è prevista la partecipazione di parlamentari nazionali ed europei, esponenti della diaspora ucraina in Italia, e di giornalisti esperti di Europa Centro-Orientale, tra cui Matteo Cazzulani (che ha seguito il processo Tymoshenko direttamente dall’aula di tribunale) e Massimiliano Di Pasquale.
Nota per la bionda treccia con cui ha guidato e simboleggiato la Rivoluzione Arancione – evento che, nel 2005, ha reso l’Ucraina un Paese europeo, libero e democratico – Julija Tymoshenko oggi è la Leader dell’Opposizione Democratica.
Ex-Primo Ministro, l’11 Ottobre 2011 è stata condannata a sette anni di detenzione in isolamento per abuso d’ufficio nel corso delle trattative per il gas del Gennaio 2009 con l’allora suo collega russo, Vladimir Putin. La condanna, confermata in Appello il 24 Dicembre, è maturata in seguito ad un processo chiaramente politico: con la Tymoshenko già incarcerata, la difesa sistematicamente privata di ogni diritto, e prove montate ad hoc: addirittura datate il 31 Aprile!
Inoltre, la Leader dell’Opposizione Democratica ha subito un secondo arresto “cautelativo”: l’8 Dicembre è stata riconosciuta soggetto pericoloso per il proseguo del procedimento che la vede imputata per evasione fiscale durante la presidenza della JEESU – colosso energetico guidato prima della “discesa in campo” del 1998. A colpire è la modalità in cui il processo-lampo è stato celebrato, ai limiti del macabro: con giudice e pubblica accusa seduti attorno al letto in cui la Tymoshenko era costretta a giacere per un’infezione alle vie respiratorie trascurata dalle autorità carcerarie.
Il 30 Dicembre, la Leader dell’Opposizione Democratica è stata deportata dal carcere di massima sicurezza Luk’janivs’kyj di Kyiv alla colonia penitenziaria femminile Kachanivs’kyj di Kharkiv: lontano dalla Capitale e dai famigliari alla vigilia di Capodanno – festività che in Ucraina ha il medesimo significato del Natale cattolico.
Julija Tymoshenko è solo la vittima più illustre di una campagna di repressione politica che ha portato ad arresti, processi, interrogatori e fughe all’estero di un’altra decina di esponenti del campo arancione. Tra essi, l’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko – detenuto in isolamento dal 26 Dicembre 2010: ancor prima che un verdetto lo abbia condannato sempre per abuso d’ufficio – e l’ex-Ministro dell’Economia, Bohdan Danylyshyn: in asilo politico in Repubblica Ceca.
A quest’ultimo, di recente si è aggiunto Oleksandr Tymoshenko, il marito della Leader dell’Opposizione Democratica: riparato a Praga per fuggire a possibili ripercussioni giudiziarie.
Analisti ed esperti sono concordi nel ritenere responsabile di tali fatti il Presidente ucraino, Viktor Janukovych: intenzionato ad eliminare “fastidiosi” concorrenti politici. Dopo avere battuto la Tymoshenko nelle elezioni presidenziali del Febbraio 2010, Janukovych ha accresciuto i propri poteri a spese del Parlamento, scatenato una campagna di controllo di media e giornalisti indipendenti, falsificato le elezioni amministrative dell’Ottobre 2010, e contrastato ogni espressione della cultura nazionale, rivedendo i manuali di storia – con la cancellazione di pagine “scomode”, come la Rivoluzione Arancione – e limitando l’uso dell’Ucraino.
In politica estera, la condotta di Janukovych ha portato al congelamento dei rapporti con l’Unione Europea e all’avvicinamento dell’Ucraina alla Russia.
Il 19 Dicembre 2011, a causa della detenzione della Tymoshenko, non è avvenuta la tanto atteso firma dell’Accordo di Associazione UE-Ucraina – documento storico con cui Bruxelles avrebbe riconosciuto a Kyiv lo status di partner privilegiato oggi goduto da Islanda, Svizzera, e Norvegia. Il giorno successivo, Janukovych ha aderito alla Zona di Libero Scambio CSI: progetto di integrazione economica dell’area post-sovietica diretto dalla Russia per riemergere come superpotenza mondiale, a spese in primis dell’Unione Europea.
Diverse le voci di diversi governi ed ONG – USA, Germania, Francia, Canada, Polonia, ONU, NATO, Freedom House, OSCE ed altre – che hanno contestato il regresso democratico in atto in Ucraina: simboleggiato dal processo politico ai danni di Julija Tymoshenko. Tuttavia, poco è stato fatto in Italia.
Kyiv non è la nuova Lub’janka, ma la Capitale di un Paese per cultura e storia pienamente europeo, relegato al di fuori dell’UE per via della sudditanza energetica del Vecchio Continente alla Russia di Putin – da noi in passato già contestata. Desideriamo affermarlo con forza, convinti che senza un’Ucraina democratica, non potrà mai esserci un’Europa davvero libera.
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